Nel XIV secolo il Comune concesse, ai Servi di Maria, l'area per la costruzione del convento e la chiesa dedicata a Santa Caterina. Soppresso il convento nel 1772 e cessata ogni destinazione religiosa, gli edifici del complesso divennero proprietà demaniale e furono utilizzati come caserma e magazzini militari. Questo provocò gravi alterazioni delle architetture e delle decorazioni, nonché la totale dispersione del patrimonio artistico e degli arredi contenuti.
Mario Botter, restauratore e cultore d’arte trevigiano, a seguito dei gravi danni subiti durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale, lavorò nel complesso riportando alla luce un meraviglioso ciclo pittorico trecentesco, nascosto da secoli sotto gli anonimi intonaci che imbiancavano le pareti della chiesa. Si tratta di un' eccezionale antologia della pittura dell'entroterra veneto dalla metà del Trecento fino ai primi decenni del Quattrocento, culminante con gli affreschi oggi attribuibili a Gentile da Fabriano e al suo ambito.
Tali scoperte favorirono la decisione di recuperare l'intero complesso per funzioni culturali. Nel 1967, in occasione dell’allestimento di Carlo Scarpa per la grande mostra su Arturo Martini, l'amministrazione comunale decise definitivamente di trasformare in museo tutto il complesso. L'impresa comunque proseguì con particolare fervore negli ultimi Anni Novanta e oggi, dopo lunghi ed impegnativi lavori di recupero e restauro, il complesso è finalmente diventato la sede principale dei Musei Civici trevigiani.